Quando venne annunciato Visions, molti erano scettici da questo prodotto e lo ammetto, l’idea di vedere una serie in pieno stile anime giapponese non è che mi aveva fatto balzare sulla sedia. Ma sono un romanticone e nonostante alcune delusioni, voglio sempre partire con fiducia quando guardo un prodotto firmato Lucasfilm. Io lo consiglio sempre e questa volta lo ammetto: sono rimasto piacevolmente sorpreso. Cito alcuni nomi per farvi capire l’importanza di questo prodotto: Kamikaze Douga, Kinema Citrus, Production I.G. e Science SARU, nomi noti ad appassionati di animazione.
Parliamo di una serie antologica, un esperimento bizzarro ma al tempo stesso affascinante, pieno di potenziale che esplode davanti alla totale libertà di espressione, senza essere coinvolti con il vincolo del canone. Un insieme di corti che esplora questo universo mostrando qualcosa di assolutamente innovativo. Da oggi è ufficialmente disponibile su Disney+, anche se ovviamente ci sono oscillazioni qualitative come succede in ogni prodotto (no, non pensate alla The Bad Batch). Lo dice il titolo stesso, visioni, uno sguardo su una galassia incantata e mitologica che nasce proprio dalla cultura giapponese. Perchè diciamolo Lucas ha basato la sua opera sull’estetica e la tradizione orientale e Visions ne è pienamente la dimostrazione.
Visions è un insieme di corti dove la galassia di Lucas viene inquadrata da alcuni veterani dell’industria giapponese, cui è stata data quasi completa libertà creativa. Non importa se si colloca prima o dopo la saga Skywalker, viene comunque rappresentata la cultura Jedi in modi differenti e a tratti quasi sorprendenti, dando totale carta bianca dal punto di vista visivo. Come già detto, si tratta di un’opera senza vincoli e restrizioni, in pieno stile non canonico, che non ha mai paura di mettersi in gioco e cimentarsi in una valanga di ispirazioni e soprattutto citazioni. Ogni episodio riesce comunque ad avere una propria identità, passando dagli shonen ai mecha, da un bianco e nero classico simile al cinema giapponese anni’50 con solo le spade colorate, passando ad uno stile chiaramente chibi.
Come già detto, si tratta di un’esplosione di idee e colori, una lettera d’amore all’animazione. Uno degli episodi che più mi ha colpito è The Duel, diretto da Takanobu Mizuno, una dichiarazione d’intenti che ammicca al cinema Kurosawa e introduce uno dei temi più importanti: Jedi e Sith. Un duello tra un Ronin ed un feroce assassino, ma la cosa interessante è che in questo episodio, come negli altri, è presente il simbolismo sacro ed eterno: il rituale della spada.
Come ho detto però, qualche pecca c’è, perchè il problema nel predisporre così in alto le aspettative è l’altra faccia della medaglia, facendo notare che le puntate sono un po’ sottotono in alcuni contesti, portando a qualche piccolo calo come in The Elder ed è probabilmente il caso più emblematico e deludente, con uno stile generico. Tra le tematiche più importanti in Star Wars c’è il concetto di famiglia, luce ed oscurità, tutte cose che rivediamo in The Ninth Jedi, stranamente familiare ai fan.
Graficamente ho apprezzato ogni episodio, fa bene cambiare ogni tanto ma ovviamente ci ritroviamo davanti a degli episodi d’animazione giapponese, quindi un tempo limitato dai 13 fino ai poco più di 20 minuti. Ovvio che in un lasso di tempo così scarno, le storie sono si elaborate, ma limitate, ma nonostante questo riesce a ribadire un background vincente.
Nonostante si tratti di un una semplice serie di corti basati sull’universo Star Wars, Visions compie un ottimo lavoro, anzi, persino eccelso quando si scatena la magia nel mix tra arte sperimentale ed evocativa. Una commovente ode a vari stili che hanno fatto la storia dell’animazione e i contenuti degli episodi inquadrano da nuovi punti di vista l’odissea dei Jedi. Non un capolavoro assoluto, ma funziona benissimo nonostante finisce in oscillazioni qualitative. Una bellissima sperimentazione che, a mio parere, possa aprire a più esperimenti del genere, giusto per diversificare un po’ Star Wars.